La spalla è l’articolazione del corpo umano con più libertà di movimento fra tutte in quanto gli è permesso muoversi in tutte le direzioni possibili nello spazio senza vincoli specifici. Questa sua particolare caratteristica espone la spalla a una maggiore instabilità col rischio di poter subire una sublussazione o addirittura completamente una lussazione.
Le instabilità di spalla si possono distinguere in 2 macrocategorie: traumatiche e non traumatiche.
- Ovviamente nella prima categoria si parla di instabilità a seguito di un trauma diretto o indiretto che ha minato le strutture portanti della spalla limitando la propria capacità di contenere le strutture centrate e fissate in sede.
- Nelle instabilità di genere non traumatico possono influire fattori congeniti come la lassità capsulo-legamentosa o acquisiti come il ripetersi continuo di specifici movimenti che possono alterare lentamente la capacità di tenuta di capsula e/o legamenti (per esempio in tutti gli sport “overhead”: pallavolo, pallanuoto, lancio del giavellotto, …)
Come è fatta la spalla e cosa è una instabilità
La spalla vera e propria è composta da due ossa, omero e scapola, le quali si articolano nella loro componente finale formando una palla (testa dell’omero) che deve ruotare all’interno di un piatto a forma di pera con una piccola componente concava (glena).
La caratteristica principale della spalla come abbiamo detto in precedenza è la sua enorme quantità di movimento. Questa è garantita dalla differenza di dimensioni delle due componenti ossee sopracitate: infatti la testa dell’omero è proporzionalmente più grande il triplo rispetto alla cavità della glena.
Per aumentare la propria superficie di scorrimento, la glena è dotata esternamente di un labbro che la circonda chiamato cercine glenoideo.
La testa dell’omero e la glena scapolare esternamente sono ricoperti da un manicotto di origine fibrosa chiamato capsula articolare che delimita il confine fra interno ed esterno dell’articolazione e che ha lo scopo di aumentare passivamente la spinta della omero verso la fossa glenoidea . Fuori dalla capsula ci sono dei legamenti la cui funzione è quella di limitare, in direzioni di movimento specifiche, la tendenza della testa omerale a muoversi verso l’esterno della fossa glenoidea.
La conformazione ossea di omero e scapola, il cercine glenoideo, la capsula articolare e i legamenti vengono definiti stabilizzatori passivi della spalla in quanto non esiste possibilità di poterli modificare in alcuna maniera, ne’ di allenarli o controllarli volontariamente (componenti passive).
All’esterno di tutto quello di cui abbiamo parlato adesso c’è la cuffia dei rotatori della spalla.
In questa foto la spalla è vista lateralmente.
La cuffia dei rotatori non è altro che un insieme di muscoli originanti dalla scapola, anteriormente e posteriormente, che si inserisce a forma di cuffia sulla testa dell’omero. In maniera pratica non è altro che una seconda capsula articolare (quindi ha il medesimo scopo) con la particolarità che è in grado di esercitare un controllo attivo su questa struttura: il corpo quindi è in grado di poter allenare forza e resistenza di questi muscoli aumentando così il loro potere stabilizzante sulla spalla. (stabilizzatori attivi)
Se vogliamo parlare di instabilità, oltre a queste componenti intrinseche, devono essere tenute in considerazione anche altre strutture distali all’articolazione della spalla vera e propria.
Il nostro arto superiore può essere paragonato a una gru da cantiere: la parte verticale e orizzontale della gru sono il braccio e l’avambraccio; la base della gru con tutti i contrappesi è la scapola mentre la congiunzione fra base e parte verticale corrisponde alla spalla.
In questo caso è molto importante che la base della gru sia perfettamente dritta e stabile altrimenti tutto ciò che è a valle risulta molto precario e saranno necessarie delle strutture orizzontali e verticali molto forti e solide per mantenere tutto in equilibrio.
La scapola riveste indirettamente un ruolo fondamentale nel mantenere la stabilità della spalla: possiamo definire la base d’appoggio dritta quando la scapola scorre e aderisce perfettamente al torace senza punti che si scollano. E’ necessario quindi valutare anche questo distretto insieme a tutti i suoi collegamenti muscolari.
Da cosa è mantenuta quindi la stabilità della spalla?
La stabilità della spalla come di tutte le altre articolazioni viene conservata da 3 sistemi .
- SISTEMA PASSIVO. Tutti i tessuti molli non contrattili: quindi parliamo di ossa, capsula, cercine e legamenti.
- SISTEMA ATTIVO. Tutti i tessuti contrattili. Il sistema muscolo- tendineo della cuffia dei rotatori.
- SISTEMA DI CONTROLLO. La capacità di controllare il proprio corpo nello spazio: la conoscenza di quando e quanto attivare i gruppi muscolari nello svolgimento di determinate azioni. Questa conoscenza inconscia può essere allenata consciamente attraverso esercizi specifici.
Quando una di queste componenti diminuisce la propria attività (traumi ossei, lesioni tendinee, debolezze muscolari, paralisi neurogene, …) il sistema, per mantenere integra la stabilità, deve compensare in qualche maniera cercando le risorse mancanti in una delle altre componenti. Se il compenso non è sufficiente allora la stabilità dell’articolazione viene minata e quindi si autodefinisce instabile.
Le possibili conseguenze di un’instabilità di spalla sono le sublussazioni o lussazioni:
- Sublussazione: la spalla esce dalla sede originale però non in maniera completa rispetto a una lussazione.
- Lussazione: la spalla esce dalla sede originale senza riuscire a ritornare autonomamente in sede.
Sintomi: come riconoscere l’instabilità di spalla
I segni e i sintomi di una spalla instabile possono essere disparati a causa delle molteplici strutture che confinano con questo distretto.
- Dolore a riposo. Dolore sia con braccio inerte che durante la notte.
- Dolore durante movimenti specifici (lavorativi o sportivi)
- Sensazioni di braccio morto: il braccio spesso viene descritto dai pazienti come percepito diverso da quell’altro senza altri particolari sintomi. Viene descritta come una sensazione di ovattamento generalizzato
- Formicolii alla spalla o lungo il braccio
- Sensazione di debolezza generica
- Difficoltà a svolgere qualsiasi movimento
- Episodi di lussazione o movimenti anomali
Per valutare lo stato di salute dei tessuti molli della spalla il medico ortopedico svolgerà dei test specifici che controlleranno il sistema passivo, attivo e di controllo. Generalmente la diagnosi di instabilità viene fatta clinicamente dal medico entro la valutazione ortopedica; nel caso fossero presenti segni e sintomi particolari o intensi si può avvalere dell’aiuto di esami strumentali come ecografia, risonanza magnetica, radiografia o Tac.
Trattamento
A meno che non ci si trovi di fronte a un’instabilità franca poco modificabile, il protocollo di trattamento solitamente prevede un regime conservativo di fisioterapia per 6 mesi. Qualora i risultati non fossero soddisfacenti l’ortopedico può scegliere di operare la spalla per ristabilire tutti i parametri (muscolo-tendinei e/o osteo-capsulo-legamentosi).
Il punto cardine del programma fisioterapico prevede un percorso di esercizio terapeutico volto a recuperare la forza e resistenza dei muscoli della cuffia dei rotatori e dell’articolazione scapolo-toracica.
Il fisioterapista organizzerà un programma graduale con esercizi a catena cinetica chiusa (con braccio vincolato al pavimento o al muro), passando attraverso esercizi a catena cinetica aperta (con braccio senza vincoli), fino ad arrivare a mimare il gesto sportivo o lavorativo specifico del singolo paziente. Dovrà ricercare gli equilibri di forza ottimali fra cuffia dei rotatori, scapola e torace per poter garantire mobilità e stabilità al tempo stesso.
Il programma potrà avvalersi anche dell’utilizzo di terapie strumentali come laser o InterX in prima istanza per abbattere la componente dolorosa dell’instabilità.
Durante il percorso terapeutico verrà richiesto al paziente di svolgere pochi esercizi a domicilio per dare continuità alla terapia anche al di fuori della palestra riabilitativa e accelerare il recupero.
Il trattamento chirurgico può variare a seconda del tipo di instabilità e delle strutture interessate.
Dopo l’operazione il paziente dovrà indossare un tutore giorno e notte (igiene personale escluso) in posizione addotta e intraruotata per 4 settimane circa per dare il tempo alle strutture appena ricostituite di terminare il processo riparativo fisiologico.
In seguito comincerà il percorso post-chirurgico che prevede 3 fasi in sequenza:
- Recupero dell’articolarità (IV-V settimana): con l’aiuto del terapista, che utilizzerà tecniche di terapia manuale e mobilizzazioni passive, e grazie ad esercizi, mobilizzazioni assistite e auto assistite, la spalla recupererà totalmente l’articolarità fino ai livelli precedenti l’operazione.
- Recupero della forza (V-VIII): con l’ausilio di esercizi attivi graduali a diversa attivazione (isometrica, concentrica ed eccentrica) e resistenza (elastica, isotonica e isoinerziale). In questa fase si lavorerà sulla cuffia dei rotatori e sulla core-stability.
- Recupero del controllo motorio e dei movimenti specifici (VIII-XII): in questa fase la forza e l’articolarità dovranno aver raggiunto lo sviluppo massimo. Si comincerà a lavorare su esercizi di controllo propriocettivo con richieste specifiche a difficoltà crescente (superfici instabili, controllo di più distretti, …) lavorando su tutte le catene muscolari. Si terminerà lavorando sul gesto sportivo o lavorativo specifico.
Al termine di questa ultima fase si richiede al paziente un reinserimento all’interno dell’ambiente sportivo o lavorativo graduale per finire il percorso riabilitativo. In questo momento risulta indispensabile anche l’aiuto del tecnico sportivo o dei colleghi e capo di lavoro.